Avrete letto e sentito parlare di Riace. Per via dei Bronzi, i Guardiani dell’immortalità. Oppure per via di quel “modello” che ha ispirato il primo documentario in 3D girato nel 2009 dal regista tedesco Wim Wenders, Il Volo. «Ho visto un paese capace di risolvere, attraverso l’accoglienza, non tanto il problema dei rifugiati, ma il proprio problema: quello di continuare a esistere, di non morire a causa dello spopolamento e dell’immigrazione», ha detto Wenders a Berlino durante un summit dei Premi Nobel per la Pace. E ha aggiunto: «Questa storia deve farci riflettere su come sia possibile far convergere l’obiettivo dell’accoglienza con quello dello sviluppo locale. La vera utopia non è la caduta del muro, ma quello che è stato realizzato in alcuni paesi della Calabria, Riace in testa».
Da che mondo è mondo l’Uomo si sposta in cerca di un futuro migliore. Ed è sempre bene ricordare che se non avessero cominciato a partire dall’Africa, qualche millennio fa, oggi non staremmo qui. Nei secoli, Riace ha visto centinaia di persone partire e altre centinaia arrivare. È terra e mare di approdo. Lo è stata per i santi medici Cosma e Damiano nel III secolo dopo Cristo, per i Bronzi di Riace nel 1972, per un veliero che nel 1998 ha portato qui il primo gruppo di profughi curdi e lo è tutt’oggi per centinaia di migranti che trovano in questo piccolo centro della Locride la loro tanto agognata Europa.
Sono tempi bui questi per l’umanità. Tempi in cui le Ong sono costrette a sospendere i salvataggi, mentre l’Italia e l’Europa lavorano per ripristinare i respingimenti in Libia, un Paese in cui alcun diritto umano è garantito. Il modello Riace, invece, rappresenta una via d’uscita da un destino segnato dalla parola fine, una strada per ridare vita e respiro economico a un paese destinato all’oblio e al deserto. Ma nell’epoca dei muri e dei fili spinati, dei respingimenti e del razzismo dilagante, della solidarietà vissuta come crimine e della paura nella convivenza, Riace è una via d’uscita per «Restare umani».
In questi anni Riace ha saputo uscire dall’isolamento storico di un territorio particolare come la Locride e imporsi sul piano nazionale e internazionale diventando un vero punto di riferimento sull’accoglienza delle migranti e dei migranti. Non solo, anche un punto di riferimento per tutte le persone che si trovano spaesate e non vogliono arrendersi a questa ondata razzista della nostra epoca.
La formula adottata a Riace è stata semplice e geniale allo stesso tempo: trasformare in positivo quello che per altri viene vissuto come un problema. Un borgo che si stava spopolando rinato grazie alla presenza dei migranti che hanno riportato vita. Scuole e servizi mantenuti aperti, attivi, grazie ai tanti bambini presenti. Una piccola economia che riprende slancio.
Per fare questo sono state utilizzate formule innovative che per sedici anni sono rientrate nelle caratteristiche del progetto e anzi, sono diventate un modello: i “bonus” e le borse lavoro.
I bonus – uno strumento locale per consentire ai migranti di usufruire di un potere di acquisto (fra gli esercenti che hanno accettato questo sistema sulla fiducia), per una dignità di scelta e autonomia e supplire così gli storici ritardi dei contributi pubblici. Le borse lavoro hanno consentito di riavviare un tessuto economico e dare una risposta lavorativa a quelle famiglie di richiedenti asilo che intendevano fermarsi a Riace, costruire un futuro e un radicamento. Le botteghe artigianali del paese (ceramica, ricamo, vetro, tessitura ecc. ecc.), sono state una risposta forte che ha permesso la coesione sociale.
Oggi, dopo 17 anni di attività e venti di storia, il progetto Riace è in pericolo. È un progetto raccontato in mille forme e lingue, citato a piè sospinto come “modello di integrazione“, “ripresa economica” e “rinascita del territorio” per la Locride e per il Sud d’Italia. Un modello copiato in tutta Italia, preso ad esempio in tutta Europa. Un modello che ristabilisce la priorità umana nei confronti della burocrazia. Questo progetto merita un futuro non solo per la comunità riacese ma per tutti noi.
A Riace l’«Utopia della normalità» s’è fatta carne e ossa nei suoi mille e ottocento abitanti di 26 nazionalità, che vivono nella più pacifica convivenza. In questo luogo «una storia locale si è intrecciata con una storia universale», come ripete spesso il sindaco del paese. La rivoluzione che Domenico Lucano, le operatrici e gli operatori, le riacesi e i riacesi che ci hanno creduto, sono riusciti a portare nel piccolo paese ha una valenza enorme non solo per la Calabria ma per l’Italia e l’Europa.
Il modello Riace diventa noto nel mondo e il paese è meta anche di studenti accompagnati dagli insegnanti. Non solo. Nel 2010 Wim Wenders ci gira un documentario intitolato Il volo. Il 29 marzo 2016 il magazine americano Fortune inserisce il sindaco di Riace, unico italiano, al 40esimo posto nel World greatest leaders 2016, la classifica dei personaggi più influenti del mondo.
Del paese calabrese parlano Al Jazeera e la tv pubblica spagnola. Nel 2017 il Comune di Riace e il so sindaco ricevono il Premio internazionale Dresda per la pace «per aver realizzato il paese dell’accoglienza, progetto unico di convivenza tra italiani e rifugiati». Ancora nel 2017 la Rai commissiona “Tutto il mondo è paese”, una fiction nella quale Mimmo Lucano è interpretato da Beppe Fiorello.
Nel 2003 l’Unesco ha adottato una nuova Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale: «Il patrimonio culturale», recita la Convenzione, «non è solo monumenti e collezioni di oggetti ma anche tutte le tradizioni vive trasmesse dai nostri antenati: espressioni orali, incluso il linguaggio, arti dello spettacolo, pratiche sociali, riti e feste, conoscenza e pratiche concernenti la natura e l’universo, artigianato tradizionale». E aggiunge: «Questo patrimonio culturale immateriale è fondamentale nel mantenimento della diversità culturale di fronte alla globalizzazione e la sua comprensione aiuta il dialogo interculturale e incoraggia il rispetto reciproco dei diversi modi di vivere. La sua importanza non risiede nella manifestazione culturale in sé, bensì nella ricchezza di conoscenza e competenze che vengono trasmesse da una generazione all’altra».
Le sottoscritte e i sottoscritti credono che Riace sia tra le conquiste più alte dell’umanità, perciò degna di essere considerata parte del nostro patrimonio culturale immateriale. Salvaguardare Riace significa aumentarne la visibilità, dare consapevolezza della sua importanza, aumentarne la diffusione e contribuire alla costruzione di una società migliore.
Le sottoscritte e i sottoscritti chiedono pertanto all’Unesco di riconoscere Riace patrimonio culturale immateriale dell’umanità.
Peppino Lavorato, già sindaco di Rosarno
Emilio Sirianni, magistrato
Chiara Sasso, Rete Comuni Solidali
Tiziana Barillà, giornalista, il Salto
Enzo Infantino, attivista per i diritti umani
Peppino Mazzotta, attore
hanno già aderito:
Mario Oliverio, presidente della Regione Calabria
Eleonora Forenza, eurodeputata Gue/Ngl
Elly Schlein, eurodeputata S&d
Stefan Trechsel, già presidente della Commissione Europea dei diritti dell’uome, già giudice al Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia
Samra Losinger, presidente della “Fondazione per la libertà e i diritti umani”, Berna.
Ugo Rufino, direttore dell’Istituto italiano di cultura a Cracovia
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